martedì 18 ottobre 2005

"The dreamers" di Gilbert Adair


Trama: Parigi, 1968. Matthew, un diciottenne americano, arriva a Parigi per studiare cinema e nel tempo libero frequenta assiduamente la Cinémathèque Française. Qui conosce una coppia di gemelli diciassettenni, Théo e Isabelle, che lo invitano a trasferirsi nella loro casa. Nella soffocante reclusione di un appartamento tutto per loro, i ragazzi iniziano una morbosa convivenza fatta di discussioni filosofiche, sciarade cinefile e giochi erotici sempre più trasgressivi che metteranno alla prova la confusa identità sessuale di Matthew mentre scopre la relazione incestuosa che unisce i due gemelli. Ma un sasso che rompe un vetro dell'appartamento fa tornare improvvisamente alla realtà i tre ragazzi: è scoppiata la rivolta del Maggio ’68.

Da questo breve romanzo, Bernardo Bertolucci ne ha tratto un film.

È ormai un’abitudine per me mettere a confronto, ogni qualvolta ci sia l’opportunità, il libro e la sua trasposizione cinematografica. Anche in questo caso è stato così, ma se nella maggior parte dei casi ho preferito l’originale, questa volta sono convinta che sia più gradevole la visione del film.

Bertolucci ha saputo rendere più vivi e pieni di sensazioni i personaggi, mentre il racconto di Adair sembra essere più incentrato sulle descrizioni dell’appartamento senza prendere in considerazione i suoi abitanti, visti quindi in modo superficiale.

Isabelle nel film è più femminile, candida nonostante la relazione incestuosa con il fratello che vive in modo naturale anche se si rende conto che i genitori non dovranno mai venirne a conoscenza; nel libro è davvero insopportabile, piena di sé e perfida (basti vedere come tratta il povero Matthew).

Théo nel libro sembra quasi assente e l’unico atto che potrebbe rimanere impresso nel lettore è lo stupro ai danni di Matthew (ancora lui…!), non tanto per la “bellezza” del gesto ma per la pena che suscita la vittima mentre viene sodomizzata e cosparsa di escrementi da Isabelle.

Nel film ci è risparmiata la visione diretta della relazione omosessuale fra i due ragazzi, ma sono fin troppo presenti gli “umori” dei protagonisti (lo sperma maneggiato da Isabelle, il flusso mestruale di quest’ultima che galleggia tra la schiuma nella vasca da bagno, ecc…), sicuramente per far capire allo spettatore lo spirito con il quale, in un periodo di profondi cambiamenti, si cominciavano ad affrontare i tabù dell’epoca. La stessa cosa si può trovare nel libro sottoforma di cattivi odori, vestiti lerci riutilizzati più volte, cibo raccattato tra l’immondizia e la “favolosa” scena in cui i tre ingurgitano del cibo per gatti, che avrà funeste conseguenze per i loro intestini.

Matthew, in entrambi i casi, si rivela essere un ragazzo non ancora maturo, timido e in cerca dell’amicizia che non ha mai trovato, fino all’incontro con i due gemelli verso i quali da subito prova una sorta di affetto e un attaccamento morboso, che verranno interpretati dai due fratelli in modo sfavorevole per il ragazzo: nel momento in cui i due canticchiano a Matthew «Uno di noi! Uno di noi!» non è certo perché vogliono far capire all’amico la loro simpatia, ma al contrario l’hanno fatto diventare una cosa di loro proprietà, della quale possono fare ciò che vogliono, come successe poi a Cleopatra nel film “Freaks” di cui la frase fa il verso.

Il cinema è molto presente nel libro sottoforma di sciarade con le quali i ragazzi passano il tempo rintanati nell’appartamento; a questo proposito il film ha il pregio di poter rendere più comprensibili al pubblico i vari sketch inscenati dai ragazzi.

L’unico aspetto per cui valga la pena leggere il libro è, appunto, la rievocazione di grandi classici del cinema ormai caduti nel dimenticatoio, perché per il resto è solo un libricino che si legge una sola volta per curiosità e poi si riutilizza per pareggiare le gambe di un tavolo dondolante.

3/10

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