mercoledì 12 ottobre 2005

Ladra



“Ladra” di Sarah Waters

Trama: Londra, 1862. Il destino di due orfane cresciute a poche miglia di distanza in ambienti sociali molto diversi si incrocia in modo del tutto casuale. A Sue Trinder, orfanella figlia di un'assassina, cresciuta felicemente tra ladri e piccoli delinquenti del West End di Londra, viene offerta una chance: guadagnare duemila sterline in un colpo solo. Il suo compito sarebbe di farsi assumere come cameriera da Maud Lilly, una signorina ricca e ingenua. Con l'aiuto di Sue, il bieco ideatore del complotto dovrebbe sedurre la vittima per sposarla e impossessarsi del suo patrimonio. Naturalmente a nozze avvenute il piano proseguirebbe con l'eliminazione della giovane...

Le protagoniste di questo romanzo ambientato nella Londra di fine Ottocento sono due giovani orfane: Sue, cresciuta tra delinquenti, e Maud che vive in una villa in campagna con uno zio non del tutto sano di mente.

Dopo una sorta di prologo il romanzo prende il via nel momento in cui Sue accetta di partecipare a un crudele piano ai danni di Maud per impossessarsi del suo ingente patrimonio che erediterà al compimento dei diciotto anni.

La principale caratteristica di questo romanzo è lo stile di narrazione usato dalla scrittrice: frasi brevi, la pedante ricerca di particolari nelle descrizioni e il cambio di punto di vista nella seconda parte che potrebbe lasciare dubbioso il lettore dato che, ad una prima lettura non è chiaro chi delle due ragazze stia raccontando la vicenda: Sue oppure la fiacca Maud?

La lunga serie di colpi di scena doveva essere il punto forte di tutto il romanzo, così come la relazione saffica fra le due adolescenti. Al contrario ho trovato che alcuni colpi di scena fossero stati eccessivamente voluti dalla scrittrice, al punto da renderli troppo fittizi (ad esempio la fuga di Sue dal manicomio, luogo costantemente sorvegliato da una enorme quantità di infermiere molto simili a Robo-cop, dove per aprire e chiudere quattrocentocinquantasette porte era necessaria una sola chiave. Già, perché TUTTE le porte avevano la stessa identica serratura… inutile dire che la impavida Sue riesce, senza neanche troppi sforzi, a fuggire dal manicomio) e che la relazione amorosa fra le due è talmente poco più che accennata che le scene di erotismo saffico di cui si parla in seconda di copertina ho faticato a trovarle.

Naturalmente gli autori a cui la Waters si ispira sono Charles Dickens, Wilkie Collins e Hardy. Non aggiungo altro. Perché? Perché è logico che il più del lavoro è stato fatto da Dickens e compagni.

Aspetto di leggere tradotto in italiano “Tipping the velvet”, il romanzo con cui ha esordito la Waters e che qui in Italia è reperibile solo in lingua originale, chissà che non cambi idea su questa scrittrice definita «uno dei migliori narratori della scena contemporanea».

Almeno ringrazio Dickens & Co. per non avermi fatto addormentare già a pagina 70.

5½/10

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