martedì 29 novembre 2005

"La mia vita a Garden State" di Zach Braff


Trama: Andrew torna nella sua città natale, dopo nove anni di assenza, per il funerale della madre. Nel week-end trascorso nel suo paese natio si vede costretto a farsi un esame di coscienza e a capire se il tempo trascorso lontano da casa sia servito a risolvere i contrasti con il padre.

Sapete chi è Zach Braff che oltre a firmare la regia del film ne è anche il protagonista? Sì, è proprio il Dottor John di “Scrubs”; ma personalmente non credo che questo film si possa collegare al telefilm trasmesso da Mtv, ed è proprio questo il motivo per cui in molti ne sono stati delusi: troppi paragoni con “Scrubs” che non trovano fondamento.

In molti si sono chiesti perché Braff per tutta la durata del film ha quell’espressione da ameba, da rimbambito. Beh, come vi sentireste voi se per tutta la vita siete stati vessati da un padre che vi ha imbottito di farmaci? E che, dopo la vostra decisione di farvi una vita da soli, da adulti, vi perseguita con le sue teorie da Dottor Lecter? E se, soprattutto, nella vostra carriera da attore siete riconosciuti solamente per la vostra parte da ritardato in un telefilm? Quindi l’interpretazione di Braff riflette alla perfezione il senso di angoscia e smarrimento del protagonista.

Per quanto riguarda la trama, è la solita storia in cui il passaggio definitivo all’età adulta del protagonista, ingabbiato fino a quel momento in un ruolo che gli va ormai stretto, avviene grazie al confronto con gli amici d’infanzia che sono rimasti al punto di partenza, con la famiglia e l’avvento dell’amore mai conosciuto prima in una vita grigia e monotona.

Ecco, questo è il succo del film. Se spremiamo ancora un po’ troviamo però una bella interpretazione dell’attore protagonista (che, è da notare, ha dovuto dirigere tutto il film e anche se stesso per la prima volta nella sua carriera cinematografica), divertenti gags, discorsi profondi (anche se la presunta epilessia del personaggio interpretato dalla Portman, Samantha, è affrontata in maniera superficiale, così come la paralisi della madre di Andrew), una bella fotografia e un’azzeccata colonna sonora (che anche da sola vale il prezzo del biglietto!).

Pecca un po’ il finale spudoratamente scopiazzato da due film culto come “Il laureato” e “I vitelloni”: per il primo mi riferisco alla scena in cui Andrew, presa la decisione di non tornare in città, bacia Samantha appassionatamente per poi finire con i due che si guardano un po’ straniti chiedendosi “E ora???”, proprio come ne “Il laureato” fecero Elaine e Benjamin dopo esser scappati su un autobus con lei in abito nuziale; per il secondo mi riferisco alla sequenza in cui, mentre Andrew percorre gli ultimi metri che lo separano dall’aereo che sta per prendere, passano in carrellata le immagini che ci permettono di scoprire cosa stanno facendo i sui amici in quel momento (cioè NULLA, come sempre…), stessa tecnica la si ritrova nella sequenza finale de “I vitelloni”.

7/10


P. S.: Forse non tutti sanno che… Garden State non è il nome del paese natio di Andrew, ma bensì un soprannome con cui in America chiamano lo stato del New Jersey.

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