domenica 6 novembre 2005

"Uccelli di rovo" di Colleen McCollough



Trama: Nuova Zelanda, primi del ‘900. La famiglia Cleary, composta da un’infinità di figli maschi e una sola femmina, cerca di sopravvivere gravando completamente sulle spalle del capofamiglia e dell’unico figlio in età da lavoro. Ma un colpo di fortuna fa sì che i Cleary si ritrovino alquanto benestanti ed unici eredi di un ranch australiano. Lì la piccola Meggie, trasferitasi con tutta la famiglia, conoscerà Padre Ralph.

Il lungo romanzo, diventato famoso e acclamato da tutte le casalinghe d’Italia grazie allo sceneggiato che alla fine degli anni ’80 fu trasmesso in tv, è esattamente quello che ci si spossa aspettare dai libercoli esposti al supermercato sulle cui copertine figurano donne discinte e uomini dal petto villoso.

Confesso di aver avuto vergogna nel farmi vedere con questo libro in mano; partendo già prevenuta nei suoi confronti non sono poi riuscita a scovare nulla di buono in tutto il romanzo, se non le dettagliate descrizioni della fauna e la flora che dominano il paesaggio australiano e quelle relative alle disastrose condizioni di vita in quella parte di mondo nei primi anni del Novecento; per fortuna sono arrivate poi le sorelle McLeod su Raidue a far credere al mondo intero che durante la tosatura delle pecore ci si possa presentare con rossetto e camiciole a fiori…

La travagliata storia d’amore tra Meggie e Padre Ralph ha degli intrecci paradossali: lei, vistasi respinta dal prete, decide di sposare un manovale del suo ranch e al momento del suo primo parto, in cui rischia di morire, una sorta di sesto senso degno di Giucas Casella fa si che Padre Ralph accorra al suo capezzale partendo da Roma per -colpo di scena!- arrivare dalla sua amata nell’esatto istante in cui il parto viene portato a termine. Patetico.

Questi e altri ridicoli episodi, che lascio alla vostra lettura per meglio assaporarne il divertimento, fanno da colonne portanti al romanzo in cui si susseguono anche le storie di altri personaggi secondari principalmente di sesso femminile.

Gli uomini sono visti infatti come accessori e non contribuiscono alla storia anche perché, non avendo nessun tipo di attrazione per l’altro sesso, sembrano essere degli ibridi asessuati, non hanno una relazione sentimentale da raccontare e la regina indiscussa di tutto il tomo può rimanere la leggiadra Meggie.

Al termine del romanzo nemmeno un uomo resta in piedi, neanche Padre Ralph stroncato da una inaspettata rivelazione; da questo punto di vista il libro mi sembra un po' troppo femminista.

E la storiella dell’uccello che canta una sola volta nella vita per poi suicidarsi facendo harakiri sui rovi, che dire? Bah…

4/10

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