sabato 17 dicembre 2005

"Passione" di Jeanette Winterson



Trama: 1804. Mentre Henri spenna i polli per i pranzi di Napoleone che ha seguito fedelmente dalla Francia fino in Russia, la nostra connazionale Villanelle si innamora di una donna misteriosa conosciuta al Casinò di Venezia. Otto anni dopo il destino condurrà in Russia Villanelle e le farà incontrare Henri.

Il romanzo è raccontato in prima persona alternativamente dai due protagonisti; nel primo capitolo si presenta Henri e nel secondo Villanelle, mentre nei seguenti la parola passa alternativamente all’uno e all’altra, per finire, con un percorso circolare, con le parole di Henri.

Henri e Villanelle rappresentano due modi diversi di concepire la passione: Henri è completamente dedito a Napoleone, a quella figura di forte carisma che lo ha sempre affascinato fin da piccolo e che lo ha spinto, una volta cresciuto, ad arruolarsi nel suo esercito anche soltanto per spennare polli tutto il santo giorno, perché la passione che prova per lui è sacra, divina, e almeno in questo modo sa di fare qualcosa per lui e di essergli vicino; per Villanelle la passione è il destino, non è un sentimento che si può controllare perché è lei che ci domina ed annulla così il libero arbitrio.

Solo alla fine del romanzo Henri cambierà opinione accettando la teoria di Villanelle, però dopo aver provato tutto quello che la ragazza teorizzava ed essersi quindi innamorato veramente per la prima volta nella sua vita ed esser stato sopraffatto dalla passione.

La religione è ancora presente nelle vicende raccontate in questo romanzo e viene di nuovo messa in discussione: Henri non riesce ad entrare in contatto con Dio, ma trova però rimedio alla passione cercata invano per il Signore sostituendo quest’ultimo con Napoleone; Villanelle invece non è mai stata affascinata da Dio e di conseguenza non crede che la passione possa essere trasformata in qualcosa di sacro, in qualcosa che riesce a lenire la disperazione, il desiderio per una persona che ci tiene soggiogati e che amiamo fino all’ossessione.

Accanto a questa storia d’amore tra due giovani travolti dalla passione, è inserito anche l’elemento fiabesco sottoforma di aneddoti raccontati prima da Henri e successivamente da Villanelle che hanno sempre, nonostante siano fatti che potrebbero benissimo essere veri, un pizzico di irreale.

Tra le due parti che si alternano nel racconto della storia ho preferito quella di Villanelle, che ha un carattere forte e la sua ironia e il suo cinismo ne fanno una donna singolare ma allo stesso tempo dolce e puramente femminile; Henri invece mi è parso un po’ troppo effeminato, sarà perché il romanzo è stato scritto da una donna e raccontare una storia in prima persona calandosi nei panni di un uomo è sempre un progetto un po’ arduo (vale anche per gli uomini che scrivono da un punto di vista femminile!).

Lo stile della Winterson in questo romanzo è più chiaro e non si perde in ripetizioni inutili, cosa che invece capitava spesso in “Non ci sono solo le arance”.

8/10

P. S.: Se volete leggere un buon libro fra i contemporanei scritto da un uomo ma narrato in prima persona da una donna, vi consiglio “Memorie di una geisha” di Arthur Golden che lessi nel lontano 2000 quando Spielberg non aveva ancora voglia di spillare soldi per un ipotetico film tratto da questo romanzo.


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