mercoledì 4 gennaio 2006

"A history of violence" di David Cronenberg


Trama: il pacifico Tom Stall sventa una rapina, nel locale di sua proprietà, uccidendo i malviventi. Da qual giorno in paese tutti lo osanno come un eroe, ma dei loschi individui iniziano a tampinarlo credendo di avere di fronte l’uomo che in passato aveva cercato di uccidere uno di loro.

Un noioso piano sequenza ci presenta i due malviventi che verranno in seguito uccisi dall’impavido Tom Stall, sembra che non debba succedere niente di avvincente nemmeno nel resto del film…

Soffoco uno sbadiglio ma faccio in fretta a svegliarmi perché il film dopo quella prima sequenza si trasforma in una storia a metà tra il thriller e il noir fatta di suspance, intrighi, colpi di scena alla Hitchcock.

Nessuno dei protagonisti è chi dice di essere, ma la risposta sulla vera identità già a metà film ci viene svelta, questo però non sminuisce il corso della storia che, anzi, si fa ancora più coinvolgente.

I dialoghi tra i personaggi alludono, ritrattano e confermano ancora i sospetti; ma i dialoghi non sono la parte principale su cui si basa il film, è piuttosto ciò che fanno i protagonisti, come si comportano, come reagiscono agli accadimenti che serve allo svolgimento della storia.

Il sesso non nasconde voglie pruriginose del regista, le due scene di sesso servono invece per far capire allo spettatore come Tom e la moglie reagiscono individualmente (anche se in maniera simile) alla tragedia che ha colpito la loro famiglia; la prima scena di sesso mostra l’intesa, l’amore, che circonda la coppia, la seconda invece ribalta completamente tutto quello che i due avevano creato in anni di matrimonio, e attraverso quel rapporto sessuale così crudo e violento, marito e moglie sfogano la loro rabbia.

Curioso come il piccolo crocifisso che all’inizio è al collo di Tom, a metà del film scompare per apparire al collo della moglie, e nell’ultima scena (e ricollegandomi a quanto detto prima: non a caso completamente muta) è di nuovo al collo di Tom. Il passaggio del crocifisso da una personaggio all’altro allude all’essere o meno in pace con la coscienza e soprattutto con Dio.

Il film è molto ben recitato, qualche risatina la riescono a strappare anche le interpretazioni a volte ironiche di William Hurt e Ed Harris, e Viggo Mortensen è riuscito finalmente a scrollarsi di dosso Aragorn

A proposito però di Hurt, era meglio che non si fosse fatto tirare le rughe in quel modo dal chirurgo estetico: sembra che ha la bocca a culo di gallina.

9/10

P. S.: ma per i distributori italiani era troppa fatica tradurre il titolo del film nella nostra lingua?

Nessun commento:

Posta un commento