venerdì 13 gennaio 2006

"Oliver Twist" di Roman Polanski

Trama: E’ proprio necessario scriverla? Ridurre un capolavoro di Charles Dickens in tre righe non gli renderebbe giustizia!

Ennesima trasposizione cinematografica di “Oliver Twist”, romanzo pubblicato nel 1837 e scritto da Charles Dickens, il film di Polanski è nato per far divertire i bambini e in particolare i figli del regista.

Il film ha però poco del puro divertimento per fanciulli; è sì una favola, come lo dimostra anche la locandina originale, in cui non ci sono personaggi in carne e ossa ma silhouettes nere che si stagliano sul bianco del fondo e che ricordano dei burattini, ma ha tutti i toni dell’oscuro, della tensione, della paura e della morte.

Anche se in alcuni punti il film riprende i tratti caratteristici della favola, come ad esempio la musica saltellante che accompagna il cammino del piccolo Oliver e il sole che sorge e i cui raggi sembrano essere stati disegnati su un foglio da un bambino, le tematiche trattate e i personaggi che Oliver incontra sono cupi e inquietanti.

Così come l’elemento autobiografico costella la produzione letteraria di Dickens che da bambino si vide costretto a lavorare in una fabbrica, esperienza che lo turbò profondamente e di cui non riuscì a liberarsi nemmeno in età adulta, anche nel film di Polanski, pur basandosi su un soggetto non originale, si ritrovano molti aspetti della vita del regista, infatti anch’egli non trascorse un’infanzia felice perché perseguitato dalle leggi razziali durante la Seconda Guerra Mondiale.

Nel film Polanski rielabora la storia del bambino solo e costretto a cavarsela con svariati stratagemmi, adattandola alla sua esperienza personale. In questo modo però, collegando la storia di Oliver alla sua, il tutto prende una piega più tragica e disperata, la scenografia (in alcune sequenze rielaborata perfettamente a computer) e gli ambienti sono sempre sotto una cappa scura e fuligginosa, nelle case non entra mai il sole e sembra di essere ancora in uno dei vicoli sporchi e pieni di topi che circondano la Londra vittoriana (anch’essa ricostruita a computer e adattata alle vie di Praga in cui il film è stato girato).

Ma mentre nel romanzo di Dickens nessuno ha scampo alla giustizia divina, nemmeno il feroce cane di Bill Sikes che morirà mostruosamente, Polanski ha invece eliminato la fine del cane e tolto alcuni passaggi troppo crudi del romanzo, infatti il libro di Dickens è molto differente dagli altri scritti in precedenza perché costellato da una crudeltà che non lascia scampo a nessuno.

Doppiato pessimamente dai doppiatori italiani, il film vanta però dei giovanissimi attori lodevoli e un insolito e irriconoscibile Ben Kingsley che interpreta alla perfezione il ruolo di Fagin restando fedele al libro di Dickens.

Da guardare con attenzione i costumi curatissimi nei minimi particolari, così come la ricostruzione della Londra vittoriana.

E’ davvero un bel film, peccato per l’orribile doppiaggio.

9½/10

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