giovedì 2 marzo 2006

"Il gruppo" di Mary McCarthy

“Anche i ricchi piangono” potrebbe essere il sottotitolo di questo romanzo; non c’è felicità nelle vite delle otto ragazze americane che compongono il gruppo del titolo.
Ma se non c’è felicità, non c’è nemmeno amicizia; il gruppo che queste ragazze formano è solo metaforico, non hanno spirito di fratellanza, e la cosa è ulteriormente accentuata dal tipo di narrazione che la McCarthy ha utilizzato: ogni capitolo affronta la vita di una, o al massimo due, delle ragazze del gruppo, escludendo in questo modo tutte le altre. La narrazione ripercorre sette anni della vita di queste amiche, e il salto temporale tra una storia e l’altra è troppo lungo per permettere al lettore di conoscere a fondo le protagoniste.
Non è un romanzo corale, quindi, e il gruppo risulta così essere disgregato fin dall’inizio.
E’ in larga parte la “fotografia” di un’America prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale, una veduta però parziale perché ne viene ripresa solo l’alta borghesia dell’epoca con i suoi riti e consuetudini.
Ma, come dicevo all’inizio, anche i ricchi piangono, ed ecco così sbandierate ai quattro venti le fobie e le preoccupazioni di una classe sociale ritenuta impeccabile, dove compaiono debiti da pagare, cure psichiatriche, incapacità di affrontare la vita, alcolismo e l’omosessualità a cui, sembra dire il romanzo, nessuno è immune.
Nonostante vengano messe in luce le debolezze della borghesia americana di un tempo, il racconto sembra avere comunque “la puzza sotto al naso” e ogni cedimento morale sembra essere giustificato.

5/10

P. S.: se volete leggere un buon libro, che ricorda in larga parte questo della McCarthy ma che è stato scritto più di vent’anni prima, allora buttatevi su “Nessuno torna indietro” di Alba De Céspedes.

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