domenica 16 aprile 2006

"Brad Barron" n. 11



Ogni volta che inizio a leggere un nuovo numero di “Brad Barron”, spero di trovarci quel colpo di scena determinante per la storia e che avvii così la saga verso il finale, e invece anche questa volta non c’è stato.
La nuova avventura di Brad Barron si riconferma essere ripetitiva come le precedenti (escludendo quelle contenute nei primi cinque numeri); mi ha dato ancora l’impressione di assistere agli inseguimenti tra Willy il Coyote e Beep Beep: divertente (per Brad direi “piacevole”, dato che da ridere c’è poco per il tono su cui si basa), ma si sa già chi dei due avrà la meglio.
I Morb quindi si riconfermano tonti e, dopo quasi un anno di inseguimenti ferrei, Brad è riuscito a seminare le sue tracce uscendo vivo dalle solite sparatorie contro le forze aliene.
In questo albo, oltre ai Morb, compare anche un altro tipo di alieni, quello classico con gli occhi allungati, che stranamente si rivela essere ancora più spietato dei Morb stessi (ma non abbastanza).
Urge una spiegazione: ho notato che ogni forma extra-terrestre che intreccia la sua storia con quella di Brad, è presentata come cinica, diabolica e con seri obiettivi di sterminio ai danni degli umani. Perché? La saga di "Brad Barron" si basa proprio sul genere fantascientifico, ma nonostante spesso gli alieni vengano visti con occhio benevolo, nel fumetto di Tito Faraci non se ne salva nessuno e addirittura vengono bollati come miseramente inferiori al genere umano - vince sempre Brad - quasi ad escludere l’esistenza di una forma di vita almeno un tantino più sviluppata di noi.
Visione molto patriottica quella di Tito Faraci (questa frase è da intendere comunque in senso lato, dato che “Brad Barron” e ambientato in America).
Continua lo sviluppo della sottotrama, che ha il compito di chiarire molti aspetti della vita del protagonista e farlo conoscere meglio ai lettori, e anche lì Brad “ci fa un baffo” a tutti, e ovviamente quello che ne esce più malconcio è il suo amico di vecchia data qui presentato per la prima volta.
Giovanni Bruzzo è il disegnatore di questo albo, ma (insieme a Giancarlo Caracuzzo che aveva disegnato gli albi 3 e 9) è quello che apprezzo davvero scarsamente, anche perché nelle sue vignette gli oggetti appaiono e scompaiono a suo piacimento (ad esempio a pagina 21 nell’ultima vignetta in basso a destra, la lampada sul tavolo, ben visibile nelle altre pagine, è sparita).
Giudico invece migliori i disegni di Anna Lazzarini e Bruno Brindisi (tanto per avere un termine di paragone).
Un applauso va però al finale a sorpresa, sia per i disegni (che si salvano solo nel finale però, in particolar modo le prime due vignette di pagina 98) che per lo sviluppo conclusivo della mini-storia.

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