Barbara Pym impiegò più di quindici anni per scrivere questo romanzo con il quale esordì nel 1950.
Quindici anni per produrre un romanzo sentimentale in cui si sprecano citazioni coltissime a sottolineare l’altisssssima estrazione sociale dei personaggi, insulse dichiarazioni d’amore nei confronti di due zitellone snob della media borghesia inglese, disquisizioni sulle tribù indigene africane che c’azzeccano con la trama come i cavoli a merenda, interminabili pagine in cui non succede assolutamente nulla se non un banale raffreddore ai danni di una delle due zitellone protagoniste e per il quale si mobilita mezzo paese (manco avesse preso la gonorrea!).
Basta aprire il libro e seguire a caso le monotone vicende delle due inglesone, per capire che ci si trova davanti ad un’opera letteraria di dubbio valore.
E poi ci si chiede come mai l’autrice passò inosservata e sottovalutata per quasi trent’anni…
5/10
P. S.: il titolo originale dell’opera è “Una mite gazzella” (a citazione di una poesia a cui spesso si fa riferimento).
Ecco, se la vedete in giro, abbattetela!
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