martedì 25 aprile 2006

"Tristano & Isotta" di Kevin Reynolds (2005) | "Il sole" di Aleksandr Sokurov (2005)


Premetto che non conosco la vera storia di Tristano e Isotta ma a questo punto, per le leggi del business, finirò per leggere anch’io la versione più attendibile della leggenda.
Nel rifacimento di Reynolds, Tristano risulta essere un cavaliere molle senza carisma (guardatelo lì nella locandina, con quello sguardo da triglia), e Isotta una giovane furba che dopo i primi tentennamenti e rimorsi finisce per dividersi tra due uomini.
Tutto quell’amore eterno di cui si è parlato nello sponsorizzare il film (paragonando anche i due protagonisti a Romeo e Giulietta), io non l’ho trovato nel corso della storia; non ci sono grandi esternazioni di sentimenti, a parte le classiche scene di sesso, né dialoghi plateali in cui si nota davvero l’amore che i due provano l’un l’altra. Ritorna spesso, è vero, il brano di una poesia letta da Isotta a Tristano, ma non è che per dichiarare amore all’amato ci si deve sempre basare sulle solite quattro paroline ad effetto scritte da altri! Voglio pathos, sentimento, musica enfatica che accompagna questo amore impossibile che sfida le leggi!
E invece?
Nulla.
Passione tirata per i capelli; caratterizzazione dei personaggi quasi inesistente, per la quale sembrano essere meglio sviluppati i personaggi secondari che non i due protagonisti che dovrebbero sostenere tutto il peso del film; dialoghi ridicoli e scarsi (non solo quelli tra Tristano e Isotta, ma anche quelli dell’intero film); bruttissima fotografia che si salva solo nelle grandi riprese panoramiche dove lo sforzo maggiore è fatto però dai bellissimi paesaggi, per il resto, quando la macchina da presa è ristretta tra quattro mura, fa pena; svolgimento dell’intreccio poco credibile e che salta di palo in frasca: ad esempio Tristano se ne va dall’Irlanda in barca e nella scena successiva è a cavallo, mi sono persa qualcosa…? e nessuno che gli chiede “Ma come cazzo hai fatto??? Eri morto!”; la colonna sonora è monofonica e ripetitiva, non ha nemmeno un picco di enfasi nelle scene in cui è da sottolineare la passione carnale tra i due, e poi dov’è finito Gavin DeGraw che doveva cantare “We belong together”? Non segue neanche i titoli di coda, che invece sono occupati dalla solita musichetta che accompagna le scene di ballo, di battaglia, di sesso, di litigi, di meditazione e se in una Tristano si stava tagliando le unghie dei piedi, state certi che c’avrebbero messo ancora quella.
Scarse anche le scene di battaglia, ci son sempre quattro soldati messi in croce in campo, e nel momento clou le battaglie vengono sempre tagliate: una su tutte, quella iniziale dove gli irlandesi hanno appena iniziato a distruggere il villaggio e nella successiva - puf! - hanno già finito. Dov’è la soluzione di continuità? Mi sono persa anche qui qualcosa?
La sequenza del torneo, dove sarebbe stato interessante vedere come Reynolds ha risolto i combattimenti corpo a corpo, è basata in tutto e per tutto sulle fin troppo fittizie lotte tra wrestlers, e se il mio fedele accompagnatore sudava e tifava per Tristano, a me sembrava di vedere il telefilm “Xena”.
Nemmeno passabile il finale: Reynolds avrebbe potuto spendere ancora qualche minuto in più, che tanto dopo due ore di film, minuto più minuto meno, non fa differenza, e invece abbandona i due in riva al fiume e chiude il tutto con un breve riassunto.
Mah, il vizio dei riassunti già l’aveva all’epoca di “Montecristo” in cui aveva ridotto a costo di strafalcioni e imprecisioni il bellissimo romanzo di Dumas; non è quindi cambiato e continua a focalizzare l’attenzione su particolari della storia che possono essere trascurati e a non badare a quelli più importanti, ritrovandosi così al finale con pochi striminziti minuti di pellicola.
Tristano & Isotta” quindi è quello che è: un filmetto (ma poi che è quella “&”???).

5/10

P. S.: e poi, scusate… quando Tristano viene trovato in riva alla spiaggia, per chi ha visto il film, dovrebbe sembrargli strano che il suddetto figliolo ha ancora tutti i capelli in testa. Per la legge dell’autocombustione gli si sarebbero dovuti bruciare tutti!
Preferisco non commentare invece la scena del “riscaldamento corporeo”…


Potrei ricopiare quanto avevo scritto tempo fa per “Arca Russa”, tanto i film di Sokurov risultano essere sempre noiosi e con una struttura da “encefalogramma piatto”, nonostante le geniali trovate stilistiche.
Il sole del titolo è l’imperatore giapponese Hirohito, indi per cui per due ore e mezza, di sole, quello vero, non v’è traccia; il tutto sottolinea l’importanza che l’imperatore giapponese aveva in quel dato periodo.
Non essendoci il globo dorato ad illuminare la vita dei personaggi sulla pellicola, e dato che ne possono fare a meno grazie alla presenza dell’imperatore, essi vivono apparentemente senza angoscia in un bunker sotterraneo nell’attesa dell’arrivo degli americani (ci troviamo durante gli ultimi mesi del conflitto mondiale), e sottoterra trascorrono giornate tutte uguali rischiarate solamente da misere lampadine che gettano una luce ancora più lugubre sui tic di cui è affetto l’imperatore.
E’ quindi sotto il segno della monotonia che si svolge tutta la pellicola, durante la quale anche gli avvenimenti più singolari (l’imperatore che si lascia fotografare dagli americani; l’incontro tra Hirohito e McArthur, ad esempio) scivolano via fra la quasi indifferenza.
L’unica sequenza che mi ha davvero impressionata è quella onirica, in cui Hirohito vede trasformarsi gli aerei che sganciano bombe sul suo paese in mostri simili a pesci destinati ad uccidersi l’un l’altro. Vale davvero la pena di essere vista.
Per il resto della pellicola la macchina da presa indugia insistentemente su particolari noiosi della vita dell’imperatore, ma che sottolineano l’aspetto umano di un uomo da sempre ritenuto un dio, e come in “Ottobre” di Ejzenstejn il soffermarsi sui piedi di Hirohito e dei suoi supposti che salgono le scale ne determina l’ascesa, ma con significato contrario dato che l’imperatore finirà per abbandonare la sua carica e scappare via mano nella mano con sua moglie come se fosse un ragazzino.
Il sole è tramontato e il film finisce.
La prossima volta mi porto un bel bigino di storia giapponese.

6½/10

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