martedì 18 luglio 2006

"René Magritte - L'impero delle luci"

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Ho aspettato fino all’ultimo per visitare questa mostra dedicata a Magritte e allestita nella bellissima villa Olmo a Como.
Il prezzo irrisorio per accedervi comprende anche una visione mozzafiato degli interni della villa, lasciati il più possibile esposti e non coperti dall’allestimento.
Così, tra un dipinto e l’altro, è possibile ammirare i soffitti e le pareti riccamente decorati, abbelliti da enormi lampadari, statue e ornamenti di vario tipo.
Le opere di Magritte esposte sono più di sessanta, e si spazia dal primo cubismo dell’inizio degli anni ’20, secondo me troppo legato alle regole del movimento pittorico (i cubisti son tutti uguali…), ad oli, carboncini, manifesti, fotografie, lettere e oggettistica che hanno molti aspetti in comune col surrealismo, un surrealismo che, in rapporto con Magritte, è però concepito con segni ed espressioni create “ad hoc” dal pittore all’insegna di un’iconografia apparentemente banale (una mela, la classica bombetta, le colombe, la pipa, ecc…), ma che ha lo scopo di suscitare nel fruitore una serie di pensieri che lo porteranno ad arrovellarsi sul vero significato dell’opera, ma al quale non riuscirà mai ad arrivare pienamente, perché una delle regole portanti nell’arte di Magritte è l’osservare senza chiedersi troppi perché.
Molti dei suoi quadri mi hanno sconcertata e lasciata con un senso di angoscia, di inquietudine, dei sentimenti non gradevoli che hanno però contribuito a farmi capire la forza visiva di Magritte e a rimanerne affascinata.
Gli uccelli-foglia de “L’isola del tesoro” e “Il sapore delle lacrime” sono mostruosi, terrificanti; nel primo sgranano gli occhi minacciosi, spiccano un volo che non li porterà da nessuna parte perché inchiodati a terra dal loro stesso stelo, e sono in netto contrasto con la calma e la serenità del mare alle loro spalle e del cielo velato solo da qualche nuvola; nel secondo il solitario uccello è roso da un bruco che ha già lasciato ben visibile il cielo scuro oltre il suo busto.
La scala di “Irène o la lettura vietata”, così come le ali degli uccelli-foglia, non porta da nessuna parte e l’asetticità della stanza contribuisce ad aumentare un senso di ansia.
Le enormi dimensioni di “Il giocatore segreto” (152 x 195 cm) viste dal vivo danno sensazioni completamente diverse dal vederle riprodotte in formato “cartolina” sul catalogo: il dipinto riprodotto ha poca carica emotiva, si ha l’impressione di osservare i classici dipinti surrealisti senza guizzi; lo stesso invece visto dal vivo è molto d’impatto, la donna imbavagliata rinchiusa in una sorta di armadio (nel catalogo e definito invece come un “mausoleo”…) mi ha spaventata, anche perché è quasi a grandezza naturale, lo stesso vale per quei birilli enormi che sovrastano quasi tutta la tela, dai quali spuntato dei rami fra i quali fluttua una mastodontica tartaruga.
Mi ha invece infuso calma e serenità “L’estate”, con i suoi colori accesi e quella bandiera che sventola riflettendo il cielo terso oltre le mura del palazzo.
E guardando “Architettura al chiaro di luna” si ha quasi l’impressione, allungando il dito, di toccare e “sentire” i gradini della scala bianchi e netti in quell’atmosfera bluastra tipicamente notturna.
Non molto bella le serie di quadri dipinti con colori sgargianti e pennellate lunghe, profonde: mi hanno ricordato molto lo stile di Van Gogh, ma gli unici pregi di questa parte debole della mostra sono stati gli alberi-foglia di “L’incendio”, le ciminiere rosa de “L’intelligenza” - sempre abituati a vederle scure, dalle quali escono fumi tossici grigi e fuligginosi, qui sembrano quasi disegnate con la spensieratezza di un bambino - e i monoliti de “Le mille e una notte” che ricordano molto quello che si erge ne “2001- Odissea nello spazio” di Kubrick. Per quanto riguarda la donna de “La mietitura”, aveva ragione una bambina che è capitata vicino a me mentre osservavo il quadro: “Sembra di vedere i cotton-fioc (i batuffoli di cotone colorati, n.d.r.)”.
Curiose le metamorfosi: una carota che si sposa con una bottiglia dando vita ad un ibrido (che mi ricorda un missile o… una supposta).
Poi ci sono i classici oggetti magrittiani: la bombetta; la pipa; l’uomo in giacca e cravatta; una candela che invece di fare luce oscura tutto ciò che dovrebbe illuminare (“La fata ignorante”); i sonagli; le nuvolette bianche delle quali la summa è “La corda sensibile” voluttuosa, candida e perfetta; i cieli blu cosparsi di piccoli puntini bianchi: le stelle; le rose e le colombe.
Peccato però non fosse esposto il famosissimo “Il tradimento delle immagini” e “Golconde”.
E’ stata una bellissima mostra e un’occasione per vedere per l’ultima volta in Italia, così in blocco, tutte le oltre sessanta opere che dal 2007 verranno definitivamente esposte solo a Bruxelles.
Ricorderò di Magritte, oltre a tutta l’iconografia elencata più sopra, la sua firma piccola e tracciata sulle tele a volte di sbieco, quasi sotto sopra, con noncuranza, camuffata nel disegno e un po’ infantile nelle sua fluidità perfetta.

[mostra visitata il 15/07/2006]

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