venerdì 7 luglio 2006

"Silent Hill" di Christophe Gans (2006)

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Ieri sera avrei dovuto vedere “La spina del diavolo”, film prodotto addirittura da Almodóvar, ma era stato eliminato dalla programmazione senza spiegazioni, così ho ripiegato su quest’altro film tratto da un videogioco, e scettica come sono riguardo ai film horror, di solito chiuderei qui il mio commento, invece
Consiglierei prima di tutto a chi non conosce il giochino per play-station di non leggere assolutamente la trama del film, né di guardare i trailer: entrambi, visti e letti stamattina, tolgono la maggior parte della suspance e dell’inquietudine che si ha nel corso del film, il trailer poi condensa in pochi minuti le scene più spaventose e salienti. Per quanto riguarda chi già seguiva il videogioco, da quanto ho potuto capire, rimarrà un po’ deluso.
I primi cinque minuti introduttivi mi avevano però già fatto ripensare ai soldi spesi per il biglietto: Rose e Christopher non sanno darsi pace per il sonnambulismo della figlioletta adottata di nome Sharon (Zampetti), che nel cuore della notte si fa lunghe passeggiate e che, come E.T., urla “Casa! Casa! Casa!”, riferendosi a un misterioso paese dal nome Silent Hill; in più il paparino - toh, guarda, è Boromir! - delega l’incombente ricerca della figlia sonnambula alla moglie, restandosene sotto il portico a dire “Guarda là, guarda lì!”.
Ma nel momento in cui Rose e Sharon Zampetti raggiungono Silent Hill, di nascosto da Boromir in cerca di una soluzione agli stati di trans della bambina, beh… c’è da aver paura per davvero! Altro che “They” e “Cabin Fever”, quei due sono delle cacchette!
Fotografia spettacolare e inquietante; mentre di solito le inquadrature vengono fatte in soggettiva o semi-soggettiva, in questo caso i momenti clou vengono spesso ripresi solo tenendo fissa la macchina da presa sulla protagonista, tattica perfetta per far rimanere col fiato sospeso lo spettatore che non sa cosa aspettarsi di vedere oltre gli occhi del personaggio; quello che a volte non riesce a fare la computer-grafica e il trucco (i mostri in alcuni casi sono un po’ rigidi) e l’insistere sul riprendere le comparse apparentemente innocue sempre di spalle - stratagemma che, va bene per le prime volte, ma alla ventesima si sa già che quando queste si volteranno avranno delle escrescenze in faccia, del sangue che cola, delle menomazioni fisiche, ecc… - viene svolto da una scenografia e un’ambientazione che con la loro (a prima vista) statica calma sono molto più angoscianti di tutto quello che capita nell’oscurità di Silent Hill.
Ovviamente anche nel buio ne succedono delle belle (e a questo proposito mi terrò alla larga per un po’ dai bambini…) ma come già detto prima i trucchi grafici non sono sempre ai massimi livelli; è soprattutto l’atmosfera silenziosa, candida, che si crea fin da subito a spaventare di più, perché è proprio in quella distensione dei sensi che si celano molti segreti e quando la sirena comincia ad ululare per la terza volta sai già che cosa arriverà. Inoltre la città deserta, la polvere, la fuliggine mi ricordano la spettrale Chernobyl vista nei documentari e nei servizi fotografici, quelle schiere di banchi nella scuola deserta, la bicicletta abbandonata sul ciglio della strada, i fiori ormai secchi in un vaso…
Il finale è un po’ buttato lì, il solito espediente per lasciare ogni soluzione aperta in previsione di un sequel, e dato che di “Silent Hill” in formato videogioco ne sono già usciti quattro…
Ottime le interpretazioni dei personaggi principali e secondari, e poi, dove la trovate una Sharon Zampetti con quel ghigno a soli dodici anni?

9/10

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