sabato 21 ottobre 2006

"Brad Barron" n. 18 (ultimo numero) e "Slam Dunk Deluxe" n. 1


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Brad Barron n. 18 (ultimo numero): Un finale che chiude il cerchio in maniera troppo classica, per un fumetto che si voleva far passare per la rivelazione italiana e che doveva dare una svolta alla casa editrice Bonelli.
La lettera in seconda di copertina firmata da Sergio Bonelli non fa altro che sottolineare per l’ennesima volta gli strabilianti dati di vendita di questa serie; a questo punto, credo che ormai la redazione non si sia accorta che in molti, pur essendo insoddisfatti, hanno preferito continuare a seguire la serie per puro spirito collezionista, e non perché affezionatisi alla storia.
Troppi, come già riscontrato nei precedenti numeri, i riferimenti alla passata produzione fantascientifica, che rendono “Brad Barron” uno dei tanti.
Le quattro pagine conclusive ridicolizzano tutto il coraggioso percorso del protagonista: sobbarcatosi il salvataggio degli Stati Uniti, è additato dai concittadini come “star” a cui stringere la mano per poi vantarsi con gli amici, mentre sullo sfondo alcuni bambini giocano alla guerra con riproduzioni di pistoline aliene e maschere carnevalesche da Morb.
Tuttavia noto con piacere che i disegni sono davvero curati, ottimi, a differenza di quelli firmati da Avogadro nel n. 17; ma… era proprio necessario impelagarsi in tre, e dico T R E - Bruzzo, Celoni, Brindisi - per disegnare un solo albo da 98 pagine?
Cos’è? La Bibbia?

Ma ormai è tempo di salutarci, Brad.
Ammetto però che mi mancherà… il tuo giubbottino… di pelo di topo.

voto complessivo: 5/10


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Slam Dunk Deluxe n. 1: avevo sempre pensato a “Slam Dunk” come a un manga esclusivamente maschile, e mi sbagliavo di grosso!
Inoue, in questo manga datato 1990, non inserisce le tipiche sequenze in cui i protagonisti impiegano dieci-venti pagine per concludere una partita (una noia mortale, come succedeva in “Attacker You”), buttandotele lì giusto per contestualizzare la storia, ma, al contrario, le utilizza per far procedere e dare delle svolte alla trama principale e ai rapporti fra i personaggi.
I manga di genere “sportivo” non mi erano mai piaciuti per quel motivo, Inoue invece riesce a non far calare mai il ritmo del racconto, e le sequenza d’azione vere e proprio sono della lunghezza giusta e non superano il limite consentito oltre il quale ti sembra di vedere “Captain Tsubasa” (mi riferisco all’anime), poi è talmente divertente che solo i disegni riescono a farti ridere a crepa pelle.
Nascoste qua e là ci sono anche alcune “massime”, sempre pronunciate dalla dolce Haruko di cui il protagonista Hanamichi Sakuragi e follemente innamorato: dei consigli che ti spronano, ad esempio, a perseverare nei tuoi scopi perché, prima o poi, ogni sforzo verrà premiato.
Un connubio, quello “moraleggiante-comico”, che rende “Slam Dunk” una serie da non perdere, e - sorpresa - gli occhi dei personaggi non hanno il classico taglio occidentale ma, come in “Lone wolf & cub”, rispecchiano giustamente l’ambiente in cui si svolge la vicenda.

Qualche considerazione sulla veste grafica del manga: le tavole in alcuni casi sono sfocate; la decisione (imposta dallo stesso Inoue) di non tradurre le onomatopee e le frasi presenti al di fuori dei balloon, è più che giusta, peccato però che le note, identificate dal numero di pagina a fine volume, non siano molto utili dato che le pagine dell’intero manga non sono numerate (hai voglia a cercare la pagina 144…); in compenso ci sono molte pagine a colori (ma, anche lì, un po’ sfocate…).

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