domenica 19 novembre 2006

"Il cimitero dei giocattoli inutili e altri racconti calpestati" di Aldo Moscatelli

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Dopo aver letto “L’orologio di cenere” non mi aspettavo da Aldo Moscatelli una produzione letteraria di così tanto “respiro”, molto diversa, per certi versi, dalla sua precedente opera.
Nel suo primo romanzo già c’era una profonda critica alla società odierna, racchiusa in maniera evidente nelle parole finali del romanzo e che mi avevano fatto riformulare, insieme all’intera struttura del romanzo (personaggi, stile, ambientazione, ecc…), la mia opinione sui noir e sui gialli, tra i quali non avevo trovato ancora un testo su cui riporre il mio apprezzamento.
Quel noir, dimostratosi non il classico romanzo di genere in cui l’intera storia si divide in delitto-indagine-soluzione in maniera meccanica, già racchiudeva il preambolo per un’analisi della psicologia umana con annesse denunce; elementi che si possono trovare in ogni racconto che compone questa raccolta dal titolo “Il cimitero dei giocattoli inutili e altri racconti calpestati”.
Premetto che ho diviso (e sottolineo IO, quindi opinione strettamente personale), in maniera elastica, i racconti in tre gruppi: “Dissolvenze”, “Istantanea”, “La nuova morte”, “Lo specchio di fango” e “Il cimitero dei giocattoli inutili” sono racconti molto tristi, segnati dal disincanto dei protagonisti di fronte alla dura realtà che denunciano senza mezzi termini (si parla dell’indifferenza, delle discriminazioni, dell’odio nei confronti di chi ti hanno insegnato sia la parte sbagliata e la causa di tutti i mali da estirpare imbracciando un fucile, della nuova concezione della morte e del modo in cui la si deve affrontare tirando le somme della propria vita); il secondo gruppo è caratterizzato da metafore e allegorie presenti ne “Il soldato semplice Gordonpim” e “Storia del melo e della triste piantina” (sono insegnamenti su come affrontare la vita e ponderare le proprie scelte); mentre “Lo scrittore inutile”, “L’onda che tentò di parlare agli uomini” e “Il custode dei segreti sommersi” sono i più poetici, di grande bellezza che racchiudono anche riferimenti autobiografici espliciti.
Tutti e tre i gruppi hanno un elemento in comune, al di là dell’argomento trattato: chi palesemente e chi fra le righe, tutti i racconti lasciano nel lettore un sentimento distensivo, sereno, una sensazione contenuta nella parola “speranza” perché la speranza in ciascuna storia, se non la si vede fin dall’inizio, arriva comunque alla fine.
Quindi, anche i racconti molto crudi e di denuncia, in cui sembra esserci, più che speranza, solo malvagità, ci si accorge che servono a dare fiducia, a spronare il lettore ad aprire gli occhi sulla realtà meschina e a far sì (quindi sperare) che in futuro non accada più nulla di simile.
A cambiare il mondo, quindi.
La speranza c’è e non può essere cancellata, dimenticata; ha la capacità di seguire l’uomo e di non abbandonarlo, nemmeno quando si pensa sia tutto perduto (come ne “Lo scrittore inutile”, ode agli aspiranti scrittori spesso bistrattati dalle case editrici); sa insinuarsi nelle vite degli uomini giusti, rimanendo nei loro ricordi e nei loro sogni e, al momento opportuno, li aiuterà.
Perché l’uomo, se non ha ricordi e non resta un sognatore, sarà solo un animo a metà; tutti i personaggi della raccolta lo sono, perché capiscono e reagiscono (e in alcuni casi quando ormai è tardi: poiché rappresentano le sfaccettature umane, e nessuno è perfetto…), si rendono conto che quello che sta loro attorno è sbagliato e, con lo spirito da sognatore, insegnano al lettore qualcosa di nuovo e, soprattutto, a seguire il loro percorso, i loro consigli.
Consigli celati a volte dietro espressioni figurate, che in entrambi i casi non sono mai retorici, scontati; ho trovato ciascun racconto abilmente scritto, e i significati profondi e i messaggi di ognuno sono stati inseriti all’interno di storie così fantasiose, poetiche e varie (ecco perché ho trovato la raccolta molto diversa rispetto al primo romanzo dell’autore) che danno vita a un corpus letterario davvero eterogeneo, e scritto in maniera semplice senza virtuosismi di sorta.
Ogni racconto è un piccolo universo che racchiude con una capacità sorprendente ogni realtà odierna e ogni sentimento umano.
Mancasse anche uno solo dei racconti, e il libro non avrebbe senso.
Finora un libro, o meglio, i libri che erano riusciti a trasmettermi emozioni come dolcezza, stupore, riflessione, pace e, soprattutto, il sentire di aver imparato qualcosa di nuovo perché libri capaci di infondere nel lettore dei saggi insegnamenti di vita, erano stati quelli di Archibald Joseph Cronin e Carlo Cassola.
Adesso ci sono anche i racconti di Aldo Moscatelli, troppe volte “calpestati” perché finiti nelle mani di chi sognatore non era.

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