martedì 9 gennaio 2007

"Baci dalla provincia" di Gipi - ed. La Repubblica

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Paesaggi umidi, desolati, case sfatte, piccoli borghi attraversati da enormi stradoni trafficati, violenza, malavita, la perdita, il dolore, l’amicizia infranta e l’adolescenza terminata bruscamente dalla guerra.
Questo dei racconti di Gipi mi è rimasto impresso, storie in cui sono quasi sempre presenti, o ne sono protagonisti, gli adolescenti. Vicende in cui tutto non procede mai per il verso giusto, in cui il disincanto, la dolorosa scoperta di come va in verità il mondo, segnano sempre il finale.
In tutti i racconti raccolti in questo volume (Baci dalla provincia [che contiene “Gli innocenti” e “Hanno ritrovato la macchina”]; Appunti per una storia di guerra; La mano morta; I due funghi) non ho mai trovato un barlume di speranza, nemmeno in “La mano morta”, racconto autobiografico in cui è Gipi stesso a raccontarci del timore ricorrente di perdere l’ispirazione e di ritrovarsi con la mano incapace di disegnare, morta.
Al centro della raccolta c’è “Appunti per una storia di guerra”, racconto che ha valso all’autore numerosi riconoscimenti, non sufficienti però per farlo uscire dall’”anonimato” del fumetto d’autore che poco interessa alle masse. Ma devo dire che, nonostante l’atmosfera per me opprimente (sottolineo sempre che è il mio punto di vista a parlare e che non ho certo pretese), è la più bella tra quelle presentate: l’amicizia che lega tre ragazzi ritrovatisi a crescere durante un conflitto mondiale, che nella realtà per fortuna (?) non è ancora accaduto, li porterà a scontrarsi con il mondo adulto e a cercare di capire quale sia il modo migliore per vivere senza alcun aiuto, soli in mezzo a tante tentazioni.
E se in “Hanno ritrovato la macchina” c’è tanto del mio stesso pensiero sul destino, che ognuno se lo costruisce da sé e che il libero arbitro esiste (ma sull’esistenza di Dio o meno, preferisco per ora sorvolare), non posso però dire che le storie di Gipi mi siano piaciute completamente.
Nel leggere è sempre prevalsa una sensazione di disagio, diversa da quella provata leggendo “David Boring e altre storie” di Clowes, perché qui fin da una prima lettura i racconti mi si sono appiccicati addosso e nelle storie raccontate non c’è il surreale che ogni tanto sbucava fra le righe di Clowes.
E’ per questo che le storie di Gipi non mi sono piaciute molto, per la capacità di sbatterti addosso verità mai romanzate.
Non sto dicendo che è meglio chiudere gli occhi e far finta di nulla, ma la capacità di Gipi di raccontare è molto d’impatto e di provare queste sensazioni non mi era mai successo prima, nemmeno con un libro,e devo ancora digerirle...
Sì, sono contraddittoria, lo so; resta il fatto che queste caratteristiche dell’arte di Gipi sono dei pregi e non difetti! Sono io ad essere ancora troppo colpita dalle emozioni provate.

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