lunedì 5 febbraio 2007

"La cena per farli conoscere" di Pupi Avati (2006) | "Le particelle elementari" di Michel Houellebecq



Una commedia sentimentale, come esplicitato nei titoli di testa, che parte con un buon prologo che ci presenta le tre protagoniste femminili disseminate in tre città europee diverse, ma che si perde in aggrovigli di tante storie raccontate contemporaneamente e alla fine lascia un po’ di carne al fuoco in sospeso.
Alcune sequenze – tralasciando quelle dirette male con il doppiaggio che andava e veniva fuori sincrono – sembrano anche slegate l’une dalle altre: tanti personaggi e cammei che potevano addirittura fare trama a sé stante; difficile poi sistemarli tutti insieme.
La storia di base è comunque semplice e lineare, al cui centro ci sono un padre (Diego Abatantuono) e le sue tre figlie (Inés Sastre, Vanessa Incontrada e Violante Placido) che cercano di riallacciare un rapporto affettivo logoro da tempo, la cena del titolo è solo un pretesto per prendere atto della lontananza abissale che separa i quattro protagonisti.
E’ la classica storia all’italiana come Pupi Avati sa fare, dato anche che ne ha girate a bizzeffe, e in cui c’è sempre un posticino per un umorismo sottile e pacato; anche questa volta sono presenti scene di questo tipo, grazie ad un Abatantuono protagonista indiscusso della comicità nostrana, e all’arrivo in scena di Francesca Neri che delira, ubriaca, per dieci minuti consecutivi ampliando il tutto.
Questo però non basta ad accelerare il ritmo dell’intera pellicola, che risulta così troppo lenta e incentrata malinconicamente sulle paturnie dei vari personaggi (alcol, depressione, finti suicidi, tradimenti coniugali, la solitudine senile).
Tutto sommato un discreto film con qualche buco, che si lascia vedere un po’ sonnecchiando.

6½/10



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Michel Djerzinski e Bruno Clément sono fratellastri e sembrano essere accomunati unicamente dall’abbandono della madre. Michel è uno scienziato dedito alla biologia molecolare vicino al Nobel. Un uomo che ha dedicato la sua esistenza agli studi scientifici che lo hanno portato all’isolamento e all’impermeabilità a qualunque emozione. Bruno è un insegnante, attirato dal sesso in modo morboso, costretto dalla malattia a entrare e uscire dalle cliniche psichiatriche. Sia la morbosità patologica di Bruno sia l’asetticità di Michel sono il risultato dell’ambiente che li circonda. Due vite parallele destinate a incontrarsi.

Presentato come una sorta di “saggio”, in maniera però generica, il libro si lascia leggere facilmente, a parte qualche nozione specifica di origine scientifica - di cui non ho nessuna base.
La storia è quella riassunta nella trama, né più né meno: due vite insignificanti ad esempio del decadimento della società occidentale, dopo il periodo di maggiore libertà degli anni ’60-’70 che ha invaso tutti i campi del sapere e di concezione di vita (gli hippy col loro “flower power”, ecc…).
Nel mio piccolo e, ripeto, priva di conoscenze specifiche sull’argomento, mi è parso però evidente come si cerchi di generalizzare l’argomento, ad estenderlo ad ogni essere umano presente sulla terra.
Bruno e Michel sono insoddisfatti, depressi, soggetti a fisime mentali e incapaci di instaurare veri rapporti umani; risentono dell’infanzia turbolenta causata da genitori inetti e indifferenti. Così in età adulta cercano di sopravvivere, non di vivere.
Ma questa è una conseguenza dovuta a passati tragici e di forte imprinting sul bambino che si trova in quella delicata fase di crescita, e non al passaggio degli hippy e della libertà sessuale.
Houellebecq invece insiste col dire che tutta la società, dopo gli anni ’60, è frustrata e che l’uomo (qualunque esso sia) non è capace di vivere, pensa solo alla morte e a una tragica fine senza soluzione.
Mi sembra un tantino eccessivo.
Come possono, Bruno e Michel, rappresentare l’intera umanità?
Abbiamo avuto, tutti, traumi infantili di così tragica portata?
Nessuno è capace di reagire di fronte alle avversità della vita? Siamo tutti così frustrati? Facciamo tutti parte di un disfacimento globale?
Non credo proprio.
Ecco perché dico che si generalizza troppo.
Vi è poi un’attenzione morbosa sulle nevrosi di tipo sessuale, sul rapporto orale (esplicitato in 3/4 di libro), sull’impotenza e sul suicidio (alla fine del libro quasi tutti i personaggi femminili si sono tolti volontariamente la vita). Attenzione che cerca di movimentare la struttura piatta del racconto, inserendo dei guizzi ormonali qua e là, anche se sostanzialmente credo sia solo per scandalizzare i benpensanti.
Credo anche che sia lo stesso Houellebecq ad avere tutti questi problemi psicologici e sessuali, e per sentirsi meno solo (infatti ne fa un discorso d’insieme e non individuale) ha esteso le sue manie a tutto il genere umano, compresi noi (poveri) lettori e i critici che hanno urlato al capolavoro.

N. C.

“Le particelle elementari”
Michel Houellebecq
Superpocket, RL Libri, 4.90 €

P. S.: domani sera, al solito cineforum parrocchiale di terza categoria, verrà proiettato il film tratto da questo libro. Vi farò sapere…

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