lunedì 28 maggio 2007

Film e libro a confronto: "L'estate del mio primo bacio" di Carlo Virzì e "Adelmo, torna da me" di Teresa Ciabatti

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Estate 1994. Camilla, in vacanza sull’Argentario con la madre depressa e mitomane, la nonna, i due inservienti filippini e la tata storpia, passa le giornate ricercando il vero amore che suggellerà il suo passaggio all’età adulta in quell’estate di metà anni ’90.
Attraverso una narrazione frammentata in brevissimi capitoli, seguiamo non solo le avventure pseudo-sentimentali della protagonista con l’Adelmo del titolo, ma anche quelle dei numerosi personaggi secondari: l’amichetta di Camilla che a causa del rapporto conflittuale con i genitori tenta, nell’arco di 222 pagine, il suicido quattro volte; le sfighe sentimentali di Claudia, l’impiegata dell’autoscuola di paese; la ricerca del proprietario della suddetta autoscuola di venti milioni di lire per allestire la consueta gara natante di fine estate; il papà di Camilla e le litigate con la nuova compagna; il mostro del villaggio in preda a impulsi sessuali repressi; ecc.
In poco più di 200 pagine - tra l’altro scritte a passo 45 - con una rosa di personaggi e intrecci così vasti, si nota da subito che non c’è lo spazio narrativo necessario per narrare sufficientemente tutto. Diversi episodi vengono così dimenticati anche se alla fine della lettura quello che rimane è l’idea di un romanzetto scorrevole, a volte surreale, e poco impegnativo con cui passare qualche ora di ozio domenicale [iniziato alle ore 11:00 di domenica mattina, nel primo pomeriggio, dopo debite pause, l’avevo già finito - e non è perché leggo i libri come Super Vicky!]; strappa qualche risata e offre un paio di perle di saggezza poetica, poi però lo si infila nel dimenticatoio.
Utilissimo come lettura da spiaggia.

Carlo Virzì dal canto suo non ha né migliorato né peggiorato il romanzo originale. L’ha reso in celluloide tale e quale: stessi dialoghi, stessi episodi, stessa aria fritta.
Ha solo anteposto l’anno di svolgimento, dal 1994 al 1987.
Potremo così rivedere le cartelle della Naj Oleari, le Girelle che ormai se le filano in pochi, le canzoni della Rettore, i poster dei Duran Duran, le Superga di tela e le mollettine colorate (per noi femminucce, ovviamente). Beh, io nel 1987 avevo sì e no 6 anni, però ricordo che un paio d’anni dopo, quando andavo in terza elementare, avevo rotto talmente tanto i coglioni ai miei genitori con la cartella rigida sopraccitata che alla fine… non me l’hanno mai comprata. E mi son dovuta tenere quella rosa di Barbie.
Ma sto divagando.
Al contrario del libro, dove la storia raccontata tendeva comunque ad avere, come già detto, una punta di surreale e in cui i suicidi della amica di Camilla, ad esempio, vengono analizzati in maniera ironica e sopra le righe, nel film questi stessi argomenti [suicidio, depressione, crisi coniugale, crisi dell’età adolescenziale, ecc.] vengono presi troppo sul serio e sfociano in un miscuglio di retorica davvero fuori luogo.
Si vede addirittura, dopo un po’ di divertimento e nostalgici ricordi, l’inserimento dell’anoressia e del conflitto sociale tra arricchiti e poveri (!).
No, direi che alla fine il Virzì ha fatto uno scivolone mica da niente.
Il film è preferibile comunque a “Notte prima degli esami”, anche per la ricostruzione storica e l’atmosfera che ne risulta.
Utilissimo da vedere se non c’avete nulla da fare.

film: 6/10

libro: 6/10

“Adelmo, torna da me”
Teresa Ciabatti
Einaudi Stile Libero, Einaudi, 10 €

“L’estate del mio primo bacio” di Carlo Virzì (2005)

martedì 22 maggio 2007

"Pretty baby" di Louis Malle (1978)


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New Orleans, quartiere di Storyville, 1917. La dodicenne Violet (Brooke Shields) cresce con la madre prostituta (Susan Sarandon) in uno dei tanti bordelli della zona; in un ambiente completamente lascivo la ragazzina non conosce la differenza tra moralità e depravazione, e quando la sua verginità viene messa all’asta per il miglior acquirente accetta di buon grado lo squallido passaggio all’età adulta. Comincerà così a vedere con occhi diversi uno dei tanti frequentatori della casa: il fotografo Bellocq.

All’uscita del film le scene di nudo dell’allora dodicenne Brooke Shields scatenarono un putiferio talmente acceso da oscurare quasi del tutto l’argomento più interessante dell’intera pellicola: l’omaggio al fotografo Ernest James Bellocq.
Non conoscevo questo artista, ed è stato solo leggendo la biografia di Diane Arbus (“Diane Arbus - vita e morte di un genio della fotografia” di Patricia Bosworth) che mi sono avvicinata alle sue opere, spesso studiate dalla Arbus in cerca di ispirazione.
Bellocq nei primi del Novecento si interessò alla fotografia erotica, approdato in incognito a Storyville - uno dei più famosi quartieri a luci rosse - iniziò a fotografare le prostitute con cui entrava in contatto, cercando però di tenere nascosto questo suo interesse ritenuto all’epoca sconveniente. Solo alla fine degli anni ’60 si scoprì questo suo lato “proibito”, che sfatò improvvisamente la sua rispettabilità di semplice fotografo commerciale: moltissime lastre di vetro in negativo delle fotografie di prostitute e numerose stampe analoghe vennero rinvenute quasi per caso e nel 1970 il Bellocq fotografo erotico (morto dal 1949) era ormai famoso e oggetto di rinomate mostre monografiche.
Non aspettatevi però nulla di trascendentale nei suoi soggetti, è piuttosto un erotismo velato il suo che anche nella completa nudità non sfocia mai nel volgare, anche per via della totale serenità e distensione che traspare dai volti delle prostitute al momento dello scatto.

Nel film di Malle la storia di Violet è il pretesto per introdurre in scena il fotografo, avvicinatosi al postribolo con chiare intenzioni artistiche e non di piacere.
Nel corso del film si possono ritrovare sottoforma di tableaux-vivant diverse fra le più famose fotografie dell’artista, e alcuni insinuazioni sulla vera natura dello stesso… data la totale inesistenza di fotografie personali, eccetto una in giovane età, si diceva che Bellocq fosse affetto da malformazioni fisiche (addirittura idrocefalo - questo perché nella sopraccitata fotografia che lo ritrae indossa un cappello, a celare quindi la deformazione del cranio) e per di più malato mentale e soggetto a perversioni; la scarsità di informazioni a suo riguardo ha fatto poi il resto.
Nel film hanno maggiore rilievo le credenze sui suoi vizi immorali, Violet infatti finirà per sedurre completamente l’uomo e a diventarne la sua concubina, e nei due anni successivi moglie a tutti gli effetti.
Gran parte del film è di conseguenza incentrata sul loro rapporto morboso, anche se (come nelle foto di Bellocq) la licenziosità è ben lontana dallo scandalo che ne derivò all’uscita del film.
La particolarità di diverse fotografie rinvenute dopo la morte del fotografo è anch’essa illustrata nella pellicola: molte stampe presentano bruciature e cancellature d’inchiostro in corrispondenza dei volti delle prostitute ritratte. Nel film, nel corso della convivenza tra Violet e Bellocq, durante una scena in cui i due litigano si vede la ragazzina impugnare una penna e cancellare con foga il volto di una prostituta da una fotografia. Nella realtà fu lo stesso Bellocq (o addirittura si dice il fratello gesuita praticante, con chiaro intento religioso) a cancellare volutamente i volti da alcuni ritratti per preservare l’identità delle prostitute fotografate; in scatti successivi il fotografo attuò un curioso stratagemma per non intervenire direttamente sulla stampa, far indossare cioè delle maschere carnevalesche alle modelle a celarne completamente il volto.
A questo proposito, come detto in precedenza, le opere di Bellocq non impressionano per la carica erotica, ma colpiscono invece per quella sensazione di mistero e inquietudine che traspare dagli scatti contraffatti citati prima.

Il film di Malle pur narrando una storia di prostituzione infantile e mostrando la crescita corrotta di una bambina, non è poi così drammatico e scandaloso come lo si vuole far passare.
L’elemento erotico è ben stemperato dall’ironia, dalla delicatezza e da un contorno di personaggi e situazioni che a volte mettono in secondo piano l’argomento principale della storia. Certo, la sequenza dell’asta in cui in palio c’è la verginità di Violet è un po’ spiazzante, ma la reazione della ragazzina butta tutto sul piano comico.
Ecco, è forse questo che non funziona nel film, l’assenza di una coscienza non corrotta, di una percezione morale che assesti la confusione libertina in cui Violet e le altre donne del bordello vivono.

6/10