martedì 21 agosto 2007

Tutto manga e due fumetti - seconda parte con qualche libro

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“Strangers in Paradise” n. 10: ormai si sa, David è vivo anche se abbastanza malconcio; questo però non spiega la reticenza di Katchoo dieci anni dopo quando parla con Francine riguardo David. Che muoia in qualche numero più in là? Spero di no! David, se all’inizio sembrava il terzo incomodo tra Katchoo e Francine, ora con quest’ultimo episodio si avvicina sempre più a una sorta di tramite tra le due ragazze e va ad occupare un posto che da sempre era vuoto, nonostante le due vivessero comunque serenamente insieme anche da sole.

Perfetto il rimando tra le due vignette in cui Katchoo saluta per sempre all’ospedale David - con il primo piano delle loro mani che si slegano - e l’arrivederci (?) tra Francine e David che si svolge nello stesso identico modo che con Katchoo, tanto che David ne rimane sorpreso e Francine non ne capisce il motivo.

La partenza di David mette ancora più in crisi Francine ora rimasta completamente sola, e i ricordi si fanno sempre più prepotenti tanto da mettere quasi a rischio le nozze appena annunciate tra lei e Brad, un ragazzo che aveva già conosciuto per caso qualche numero fa.

Nei prossimi numeri presumibilmente si celebrerà il matrimonio di Francine, poi arriverà la sua prima figlia e poi...?

Con Terry Moore e i suoi continui salti temporali non c’è mai nulla di sicuro e prevedibile. Sa tenere in continuazione sulle spine i suoi lettori.

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“Happy mania” n. 11 (di 11): mi sono spremuta le meningi ma non riesco a cavar fuori un commento utile sul finale di questa serie.

Cacchio, undici numeri. Undici numeri. U-N-D-I-C-I numeri. E questo dovrebbe essere un finale? Finisce come inizia: “Voglio un ragazzo!”, urla Shigeta. E allora perché farci perdere tempo con undici volumi che ripropongono sempre gli stessi identici fatti, con le stesse dinamiche di svolgimento [ricerca-sesso-abbandono-ricerca-sesso-abbandono], quando sarebbe bastata una mini serie di al massimo tre volumi per espletare senza ripetizioni si fatta abnorme varietà di argomenti?

E come se questo non bastasse, all’altare Shigeta ci arriva lo stesso con Takahashi che ha ottenuto il divorzio dalla psicopatica. Ma alla fine Shigeta vuole solo accoppiarsi, e quando dice di volere un ragazzo la richiesta è da prendere in senso lato. Quindi si sposerà oppure no? L’autrice non ce lo dice, lasciando Shigeta in preda al terrore mentre le fanno sapere, da dietro la porta, che la cerimonia sta per iniziare e tutti aspettano solo lei.

La serie potrebbe essere così letta all’infinito dal primo volume all’undicesimo, poi ancora dal primo fino all’ultimo per poi riprende tutto daccapo per il resto dei vostri giorni, tanto è un vortice senza fine. Che poi la storia sarà anche una denuncia nei confronti dell’insoddisfazione generale che invade l’uomo di questi tempi, ma sinceramente... che palle.

voto complessivo: 4/10

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La prosivendola

Daniel Pennac

Universale Economica Feltrinelli, Feltrinelli, 7.50 €

Terzo volume della saga dei Malaussène, incomprensibile quanto gli altri. O meglio, tutto fila liscio fino a circa metà volume poi, immancabilmente, i fatti narrati diventano così contorti e scritti con un linguaggio artificioso che mi perdo e non riesco più a capire nulla.

Di bello c’è che Pennac usa solitamente fare una sorta di riassunto delle puntate precedenti all’inizio di ogni libro, inserendolo nei discorsi tra i vari personaggi: “Ti ricordi l’anno scorso quando, ecc...”.

Probabilmente avrà capito che non tutti hanno il cervello così veloce come il suo.

Mi trovo “costretta” quindi a leggere anche il quarto volume della serie, così da raccapezzarmici un po’ su questo episodio. Poi non capirò nulla del quarto e leggerò così anche il quinto.

Il problema è che arrivata lì, ultimo volume di conseguenza non seguito da un sesto, sarò in grado di capirlo da sola?

...?

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I love shopping a New York - I love shopping in bianco

Sophie Kinsella

Mondadori 6 € - 8.40 €

Quest’anno ho passato, come da abitudine, le vacanze (solo dieci giorni veri, il resto li sto passando a casa) insieme a qualche buon libro e a questi due seguiti delle avventure di Becky Bloomwood. Non che voglia escludere i romanzi di Sophie Kinsella dalla “letteratura”, ma le differenze tra Becky e, chessò io, Micòl de “Il giardino dei Finzi Contini” sono mooolto evidenti...

Dopo averne letti tre devo ammettere che il mio preferito finora rimane “I love shopping”, sono tutti divertenti e assurdi da far ridere per ore, ma il primo ha qualcosa che gli altri due cercano, non dico di copiare, ma di eguagliare e ci riescono purtroppo solo in parte.

“I love shopping a New York” ha dei passaggi esilaranti come quello in cui Becky viene scambiata in un negozio per una fantomatica parente di due tizi che si sono separati da poco; oppure quando ci viene mostrato il risultato dei suoi sforzi da scrittrice di finanza: “La finanza è molto.”; oppure ancora quando cerca di ingegnarsi per potarsi dietro enormi valigie da incastrare in un minuscolo bagagliaio. Il seguito è ugualmente bizzarro e paradossale ma, cosa che già avevo notato nel secondo volume, l’atmosfera tragica che inizia a serpeggiare immancabilmente da metà volume - sembra essere la prassi - in “I love shopping in bianco” è addirittura gonfiata fino a parlare di depressione e crisi d’identità tra madre e figlio.

Io le tragicomiche avventure di Becky Bloomwood le preferisco quando la serietà si presenta e se ne va in fretta e furia come è arrivata, come qualcosa che serve sì a dare un po’ di normalità alla vicenda, per toccare terra quanto basta, ma per poi ritornare alle solite comiche assurdità.

Quello che non funziona, secondo me, in “I love shopping in bianco” è tutta quella parte in cui Luke, il fidanzato di Rebecca, si sbatte per trovare il senso della sua esistenza (dove sto andando? cosa sto facendo?). Un po’ troppo carico di psicologia spicciola...

Comunque anche in questo romanzo ci sono momenti così stupidi da segnalare per la loro perfetta riuscita comica: cito solo ad esempio, come primo in classifica, il personaggio di Tarquin. Così pirla da far tenerezza.

Bene, direi che per finire li consiglio entrambi, anche per sapere come proseguono le sfighe di Becky; tenete presente però che, a dispetto di “I love shopping”, c’è qualche piccolo difetto. Ma comunque la serie resta una buona lettura d’intrattenimento.

7 -

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“Il gatto del rabbino - Il Bar-Mitzvah” di Joann Sfar (ed. Kappa Edizioni, € 13.50): primo volume della serie, in cui ci viene presentato il gatto del rabbino, il protagonista indiscusso che per uno bizzarro motivo riesce ad acquisire la parola e a voler essere, di conseguenza, trattato come un uomo e non come un felino.

Lui è furbo e un po’ perfido, potendo finalmente parlare esterna senza remore tutte le sue osservazioni facendo proprie, insieme alle caratteristiche peculiari dell’animale gatto *che io adoro e di cui sono assolutamente succube*, quelle dell’uomo.

Esigendo attenzione e pretendendo diritti che non può avere (come il suo Bar-Mitzvah, cerimonia che si celebra con il raggiungimento dell’età adulta per i ragazzi ebrei), il gatto ragiona e litiga con il suo padrone rabbino sui grandi temi del mondo rimpiangendo la compagnia della bella padroncina Zlabya - figlia del rabbino - che non può assolutamente più vedere perché, dice il rabbino, lui con le sue teorie potrebbe irretire l’innocenza della ragazza.

Il gatto infatti si contrappone ai ragionamenti del rabbino: il pensiero del primo è decisamente occidentale, quasi ateo e smanioso di mettere tutto in discussione, quello del secondo è profondamente radicato nella tradizione ebraica e ligio all’integralismo.

Alla fine del volume però il gatto, quando ormai, soddisfatto, ha fatto largo uso della parola e conosciuto abbastanza le dinamiche di vita dell’uomo, decide di non parlare più, tenere per sé le sue osservazioni e di ritornare ad essere il micio di sempre. Riabbraccia la sua padrona e pensa che “vale la pena chiudere la bocca per essere felici”.

Una storia impregnata di filosofia e saggezza, disegnata con uno stile curioso, caricaturale, che può anche non piacere; io però lo trovo molto bello e piacevole, soprattutto per la resa del gatto e per la figura del personaggio di Zlabya: occhioni scuri, una cascata di riccioli bruni e qualche lentiggine, su di un corpo morbido e formoso.

Recentemente la Rizzoli ha stampato in un unico volume le prime tre storie del gatto del rabbino. In totale però in Italia ne sono uscite quattro - Il Bar-Mitzvah; Malka dei leoni; L’esodo; Il paradiso terrestre (edite dalla Kappa Edizioni) - alle quali in Francia si è aggiunta da poco una quinta, “Jérusalem d’Afrique”.

La Kappa Edizioni continua invece a stampare le storie in volumi singoli, di grande formato e maggiore resa grafica. L’edizione della Rizzoli è infatti un po’ scarsa se confrontata con la prima, di conveniente c’è solo il prezzo: dai 13.50 ai 15 € per ogni volume della Kappa, contro i 16 € della Rizzoli per tre storie in un unico libro (che però è piccolo, molto piccolo...).

Lei è Minni (senza la “e”!), la mia gatta. Ha da poco compiuto 15 anni.

Minni - 14/08/2007

[a domani (forse...) - vabeh, ormai oggi, vista l’ora! - con Emma n. 5, “Chiedi alla polvere” di Fante e le foto delle vacanze in montagna]

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