mercoledì 20 febbraio 2008

Al cinema, dormendo...


img149/7461/folliaao4.jpgFollia (Asylum)

David Mackenzie

Gran Bretagna, 2005

Tratto dall’omonimo romanzo di Patrick McGrath (che non ho letto... oooops!) il film, arrivato sugli schermi italiani con due anni di ritardo, ripercorre la discesa nella pazzia di una madre di famiglia, moglie di un medico psichiatra, nella rispettabile media borghesia inglese degli anni ‘50.

Innamoratasi di uno dei degenti dell’ospedale diretto dal consorte, la donna finirà per essere risucchiata nelle fobie e fissazioni dell’amante fino a un tragico epilogo.

Il tutto raccontato in 93 minuti improvvisati sicuramente su un testo originale complesso e troppo articolato da riassumere in poche scene cinematografiche; i personaggi risultano abbozzati, gli attori vagano davanti alla macchina da presa in uno stato catatonico e per nulla convincente, la recitazione è assolutamente svogliata, il nodo centrale di tutta la pellicola (la follia) viene solo analizzato tramite sequenze esplicative di azioni fini a sé stesse e quando c’è bisogno di un’analisi più “parlata” dei cambiamenti della protagonista e dell’uomo, questo non avviene - ci si aspetta che le patologie dell’amante della donna siano elencate con più dettagli, ma avvenendo il contrario non si riescono a capire nemmeno quelle della protagonista che lui condiziona costantemente con le sue fisime: perché lei si innamora di uno psicopatico? perché si lascia irretire da un uomo chiaramente malato? forse perché è insoddisfatta? o perché anche lei, costretta in una vita impeccabile, ha sempre nascosto la sua follia latente, fino a uno scoppio improvviso?

Non l’ho capito, e non viene detto. E sicuramente è perché il film è tratto da un’opera letteraria e non frutto di una sceneggiatura originale e pensata solo per il grande schermo.

In conclusione, la noia impazza.

4/10

img258/9981/milosformandx0.jpgL’ultimo inquisitore (Goya’s ghosts)

Milos Forman

Spagna, 2006

Ispirandosi alle opere del pittore Francisco Goya (che appare anche come personaggio ma purtroppo solo abbozzato e di ruolo secondario), Milos Forman dirige un film sul ventennio che ha visto la Spagna passare dal periodo oscurantista della Santa Inquisizione a quello dell’Illuminismo, con l’arrivo poi delle truppe napoleoniche.

Tra ironia voluta (o involontaria?) e la drammaticità cruda delle torture carcerarie, il film comunque non decolla e passa da una sequenza all’altra trasformandosi nell’ultima parte in un filmone storico romanzato e troppo vicino a una telenovela per gli intrecci ridicoli che ne saltano fuori.

Che dire d’altro? Solo che è un film tutto sommato “ignorabile”.

4/10

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