martedì 11 marzo 2008

6 politico

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Turno di notte

Sarah Waters

Ponte alle Grazie, 15 €

“Vai in posti strani.”

“Vado al cinema” rispose Kay. “Non c’è nulla di strano in questo. Talvolta vedo il film due volte. Talvolta entro a metà e guardo prima il secondo tempo. Quasi quasi preferisco così... il passato della gente, sai, è talmente più interessante del suo futuro.”

Partendo da questo scambio di battute tra due dei personaggi del romanzo, estrapolato circa a metà del volume, si può capire perché l’autrice abbia scelto di strutturare il romanzo in tre parti che vanno a ritroso, ripercorrendo man mano così il passato dei quattro personaggi. Tecnica curiosa, così come lo spunto cruciale su cui si basa il racconto.

Peccato però che né il presente, né il passato dei protagonisti siano così interessanti e degni di nota per costruirci sopra un intero romanzo...

Quattro esistenze anonime, che si ricollegano le une alle altre per uno strano gioco di coincidenze, non bastano a tenere in piedi tutte le 414 pagine. Un mattone senza fine che ogni tanto però accelera il ritmo per ripiombare poi, purtroppo, nella cronaca e nell’analisi psicologica approssimata di quattro vite “normali”.

A volte il bello dei romanzi sta nel raccontare esistenze comuni esaltandone la bellezza classica e quotidiana con cui vengono condotte dalle figure a cui appartengono; se fosse stata questa l’intenzione dell’autrice ne sarebbe uscito un libro pregevole, ma Sarah Waters in questo caso non ce la fa: non c’è approfondimento psicologico; non c’è azione; la narrazione procede per “elenchi” di quello che i personaggi compiono al momento della loro entrata in scena; ci sono solo così tanti dialoghi inframmezzati da brevi annotazioni insignificanti.

Mi spiace dire che “Turno di notte” è un brutto libro, proprio dopo esser rimasta rapita dai volumi precedenti della stessa autrice [“Ladra” e “Affinità”] nonostante i voti scarsi che gli ho appioppato.
I precedenti volumi erano ambientati nell’Ottocento, questo invece durante la Seconda Guerra Mondiale. Gli altri erano incentrati esclusivamente su figure femminili, questo vede invece l’introduzione di diversi comprimari uomini verso i quali evidentemente l’autrice non ha dimestichezza d’analisi e risultano così solo d’intralcio alla descrizione delle altre donne protagoniste.

Non c’è dubbio che anche l’ambientazione di fine Ottocento contribuiva a creare un’atmosfera suggestiva, così tanto approfondita e ben documentata per le storie raccontate; al contrario, quella dell’ultimo romanzo a volte è osservata superficialmente.

Lascio Sarah Waters con un margine di riserva per le future pubblicazioni. I suoi romanzi in ogni caso mi attirano sempre.

Non si sa però quando i lettori potranno leggere nuove storie della Waters, spero almeno che siano ancora ambientate nell’Ottocento inglese...

6/10

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Doppio sogno

Arthur Schnitzler

Newton & Compton, 4 €

Dove finisce la realtà e dove inizia il sogno (e viceversa)?

Attraverso l’utilizzo del “monologo interiore” e l’aiuto della psicanalisi di Freud, Schnitzler mette in scena il dilemma di un medico viennese di fine Ottocento turbato da un’inaspettata rivelazione da parte della moglie: la donna aveva desiderato (sognato) di essere posseduta da un altro uomo, che non era però il marito...

Il medico Fridolin si comporta, così, come tutti gli uomini a cui salta la mosca al naso: decide di mettere in pratica una vendetta nei confronti della moglie “adultera” - si fa per dire... - e di tradirla appena gli capiti l’occasione giusta.

Nel corso di una notte senza fine, Fridolin sarà spettatore e protagonista di bizzarre situazioni al limite della licenziosità dell’epoca [il romanzo fu pubblicato alla fine degli anni ‘20] a cavallo tra realtà e onirismo.

Gli sfuggiranno dalle mani tre donne e una ragazzina che avrebbero potuto fare al caso suo, e alla fine, dopo aver abbondantemente analizzato il tutto con astruse elucubrazioni psicanalitiche, tornerà dalla moglie per scoprire che...

Non svelo il finale, non meno segnato dal subconscio, dalla fantasia e dal mondo dei sogni di Freud tanto quanto l’intera breve novella.

E’ un libro che non consiglio caldamente, lo citerei solo come alternativa nel dubbio su cosa leggere e se si cerca un breve romanzo interessante; perché comunque non sento il bisogno ogni volta di decifrare, di analizzare maniacalmente ogni aspetto del comportamento di una persona, né tanto meno facendo ricorso alla abusata analisi dei sogni.

E’ come dire che se uno mangia sempre i würstel, allora... [finite voi la frase].

6/10

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Un albero cresce a Brooklyn

Betty Smith

Neri Pozza, 14 €

Pubblicato in America nel 1942, “Un albero cresce a Brooklyn” narra la storia della famiglia Nolan vista con gli occhi della primogenita Francie che all’inizio del Novecento cerca di riscattarsi dalla miseria e dalla sofferenza.

Un libro consigliato ancora oggi nelle scuole ai lettori più piccoli.

(Ri)letto grazie al blog “Libri di donne” [http://libridonne.splinder.com], “Un albero cresce a Brookliyn” ho poi scoperto, nel corso della lettura, di averlo già letto in prima media e, presumo, abbandonato dopo poche pagine.

Il brano che mi ha fatto ricordare di aver già affrontato questo libro è stato il seguente:

Francie era convinta che nella biblioteca vi fossero tutti i libri del mondo e si era ripromessa di leggerli tutti. Ne leggeva uno al giorno, in ordine alfabetico, senza saltare i meno interessanti. (...) Francie era una vera lettrice” (pag. 30)

Ho scritto “presumo” di averlo abbandonato perché non ricordavo affatto come finissero le vicende di Francie ma avevo comunque chiaro, a distanza di così tanti anni, il fastidio provato nel leggere di quanto fosse brava e diligente la Francie del libro che all’età di soli undici anni nel 1912 era capace di leggersi UN libro AL GIORNO indistintamente dal genere, e dall’autore - credo quindi si leggesse anche i trattati di epistemologia e quelli sulla teoria di Kaluza-Klein...

Alquanto saccente e presuntuoso presentare a una bambina della stessa età una così “speciale” e da tenere come esempio, se teniamo conto anche del fatto che Francie è povera e che la sua famiglia tira a campare con un padre semi-alcolizzato e nullafacente che sobbarca tutti i doveri famigliari a una moglie devota e piena di sacrificio cristiano, e che quindi una situazione del genere spinge il piccolo lettore a pensare quanto sia sfortunata la famiglia Nolan e a piangere con lei delle sue disgrazie.

Ci buttiamo sul pietismo, eh?

Va sottolineato anche che nelle primissime pagine l’autrice riesce anche a infilare alcune frasi orripilanti che mandano in maniera subliminale al razzismo, concetto che negli anni ’40 dilagava in Europa e anche in America per via della Seconda Guerra Mondiale. E se aggiungiamo anche che la stessa autrice era di origini tedesche...

Oltre alle continue distinzioni di ceto e origini famigliari, il romanzo affronta argomenti troppo adulti per dei bambini a cui il libro sarebbe destinato: perversione sessuale e ninfomania, pedofilia, corruzione, vizi malsani, omicidio, sesso prematrimoniale, violenze di vario tipo.

Detto questo, voi fareste leggere a un/a bambino/a un libro in cui una ragazzina viene assalita da un maniaco pedofilo che, abbassandosi i pantaloni, la aggredisce sul portone di casa e che, grazie all’arrivo della madre della prima, armata a tutto spiano, il signore in questione viene messo k.o. con un proiettile sparato proprio ...? Oppure in cui la zia di famiglia fa sesso con tutti gli uomini attraenti perché “le piace farlo”?

Io no. Anche se credo che quindici anni fa (cioè quando lessi per la prima volta il libro) una bambina avesse una mentalità diversa, meno matura in senso lato di adesso: sicuramente se fossi arrivata fino in fondo al racconto, quegli episodi li avrei registrati in maniera superficiale, senza forse capirli appieno (del primo probabilmente avrei decifrato solo lo spirito materno di una donna che salva la figlia a ogni costo), e avrei poi ricordato solamente la storia struggente di una famiglia povera a cavallo della Prima Guerra Mondiale, e le vicende di una ragazzina che diventa adulta fino a trovare la propria emancipazione e un uomo da amare. Oggi però le bambine di undici/dodici anni vanno in giro con la minigonna e guardano in maniera ammiccante i papà delle loro amiche (per fortuna non tutte), e loro come interpreterebbero quei brani? Subissate da ogni parte da provocazioni e licenziosità di ogni tipo, un testo del genere non farebbe altro che accentuare le schifezze che già vedono tutti i giorni in tv, così come per strada.

Sicuramente ne sconsiglio la lettura e la riproposta del suddetto nelle scuole elementari/medie. O almeno io non lo farò leggere ai miei figli se non quando andranno alle superiori.

E poi comunque l’hanno anche ristampato in una collana per adulti e non per bambini!

Riletto oggi, a 26 anni, gli do 6/10

E “Suite francese"? arriva, arriva! ;-)

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