lunedì 30 marzo 2009

John Lindqvist e Espedita Fisher

Lasciami entrare

John A. Lindqvist

Farfalle, Marsilio, 17.50 €

Ero partita un po’ prevenuta con questo libro, che ho iniziato a leggere solo perché avevo in previsione di vederne il film al cinema, con sorpresa però mi ha subito colpita positivamente e me lo sono letta in brevissimo tempo.

La tetra periferia di Stoccolma è investita da una serie di truculenti omicidi che “aiutano” a mettere in scena la delicata e tenera storia d’amore e di crescita tra due adolescenti, Oskar ed Eli, e a dare uno sguardo a una società composta da ragazzini, uomini e donne disillusi e affetti da vizi e debolezze (bullismo, depressione, pedofilia, alcolismo, incapacità di relazionarsi col prossimo); persone, queste, che fanno da contorno e/o vivono proprio a contatto con i due ragazzini protagonisti. Io, che credevo di trovarmi di fronte a un horror gotico scontatissimo e poco avvincente (il boom di questo genere letterario nell’ultimo periodo ha avuto un’impennata non indifferente portando il tutto alla saturazione...), ho dovuto ricredermi perché “Lasciami entrare” non è solo costruito sul mito del vampiro ma anche sulla descrizione di che cos’è la solitudine e il bisogno dell’altro per sentirsi completi e sereni.

La figura del vampiro inoltre qui è mostrata non come l’affascinante essere eterno capace di soggiogare l’uomo con la sua ambiguità seducente, ma bensì come la costrizione più cupa e ricca di aspetti negativi che possa capitare a una persona: Eli - ormai lo sanno tutti che è una vampira - nel corso del romanzo non si dispenserà dal mettere in luce a Oskar i lati bui della sua esistenza senza fine. Essendo anche Oskar un bambino ai limiti della società, per motivi diversi ovviamente, troverà nell’amore per Eli, e così viceversa, il sostegno che mancava ad entrambi.

Il genere horror c’è comunque tra le pagine di questo romanzo, infatti fino all’ultima pagina è sempre presente tra scene splatter e inquietanti molto ben scritte, però come già ho detto la bellezza del libro sta anche in altro.

8½/10

Clausura - Le nuove testimoni dell'assoluto

Espedita Fisher

Le Navi, Castelvecchi, 16 €

Anche Espedita Fisher era ospite in quella puntata di “Le storie” di Corrado Augias, al contrario di Alina Marazzi non mi aveva fatto una bella impressione: sorrideva troppo e fissava tutti con eccessiva serenità divina...

A parte questo, l’interessante saggio da lei scritto è frutto di una lunghissima e difficoltosa ricerca di suore claustrali disposte a raccontare la loro esperienza personale.

Tantissime sono le brevi interviste racchiuse nel volume, quasi tutte raccontate in prima persona, che sinteticamente riassumono per ciascuna monaca l’infanzia, la maturità sia psicologica che spirituale che le ha portare ad avvicinarsi alla fede, il perché della scelta di entrare in clausura e infine il credo personale di ognuna.

Mi ha sorpresa il constatare come l’approccio con la clausura sia stato praticamente esclusività di donne già adulte (quasi tutte hanno preso i voti poco dopo i 20 anni) e soprattutto ben istruite e laureate. Alcune avevano progetti di matrimonio, un buon lavoro, altre un compagno; una suora addirittura una famiglia e rimasta vedova con i figli già grandi ha preso i voti dedicandosi completamente alla fede.

Altre invece ho notato, dal modo in cui parlano della loro giovinezza, come in realtà fossero molto schive, timorose verso il prossimo - queste stesse suore rivelano in più di un caso di essere state fortemente innamorate di un loro coetaneo in gioventù ma di aver scelto comunque di vivere il sentimento in silenzio e in maniera platonica - in un certo senso quindi c’è una difficoltà di fondo all’approccio con gli altri, e mi viene da pensare che in fondo una scelta di vita così radicale come la clausura non sia stata molto difficoltosa da raggiungere, perché il pensiero di quelle donne era già proiettato verso una concezione di vita simile.

Una monaca però rivela come sia stato traumatico, dopo una convinzione fortissima, trovarsi però effettivamente in clausura: durante tutto l’anno che ha preceduto la sua decisione di lasciare la clausura ed occuparsi di fede e cristianità in maniera diversa, ha avuto continue perdite mestruali e uscita definitivamente dal convento non ha nemmeno trovato immediatamente solidarietà, perché in molti non capivano come mai avesse scelto di “uscire”.

Ci sono tanti aspetti interessanti da scoprire, attraverso questo libro, di un mondo fino a pochi anni fa conosciuto in maniera poco approfondita soprattutto dai profani (vigeva ancora l’isolamento totale per le suore e solo recentemente i monasteri hanno aperto le porte ai fedeli); avrei preferito però meno testimonianze brevi a favore di interviste più analitiche anche a costo di ridurre di molto il numero degli interventi apparsi nel libro, perché a lungo andare mi sono sembrati tutti molto simili tra loro...

Comunque l’ho trovato molto utile e ben scritto, tanto che mi ha fatto riflettere sul concetto proprio di clausura. Soprattutto nel momento in cui ho letto di come queste monache siano fortemente convinte che digiunare, pregare incessantemente e fare penitenza possa salvare il mondo dai mali odierni e redimere le vite tormentate e degradanti di, chessò, una prostituta o di un serial killer di cui hanno letto sul giornale.

Ma partecipare attivamente all’aiuto di queste persone, fuori dalle quattro mura in cui si sono rinchiuse, non sarebbe più tangibile (e utile) per il prossimo...?

8/10

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