lunedì 17 ottobre 2011

Letture di settembre (2/3)

Questi sono gli altri tre libri letti a settembre:





Oggi vi parlo di:




L’anno del Diluvio
Margaret Atwood
Ponte alle Grazie, 19.60 € [ma l’ho acquistato su Ibs col 30% di sconto]


Della Atwood avevo letto in precedenza “L’assassino cieco” e “Il racconto dell’ancella”, mi erano piaciuti molto per la commistione di generi e per avere all’interno della trama dei riferimenti a fatti politici ed economici attuali ma rielaborati in un’ambientazione futuristica.
Anche “L’anno del Diluvio” è strutturato allo stesso modo: gli abitanti del mondo in un futuro prossimo sono divisi per ceto sociale ed etnia, abitano in quartieri e aree dalle quali non possono uscire se non tramite appositi permessi; le scoperte genetiche e l’evolversi della scienza in toto hanno influenzato la vita umana fino ad arrivare a un assurdo fanatismo che permette di avere a pagamento qualsiasi cosa (nuova identità, una nuova faccia, sesso a base di pillole allucinogene, ecc..); il cibo è solo junk-food dalla dubbia provenienza (riciclaggio di cadaveri e carcasse di animali trafficati clandestinamente) e la vita quotidiana è regolata dalle multinazionali.
In questo desolante scenario per alcuni la fede e il riavvicinamento alla natura e alla Terra è l’unica salvezza, gruppi di uomini fuggiti da questa vita “schematica” ma allo stesso tempo allo sbando si rifugiano, abbandonate le proprie identità, in palazzi in disuso dentro i quali ricreare e riscoprire una vita primordiale basata sul contatto umano e sul rispetto delle specie animali e vegetali.
A fronte di una così variegata presenza di elementi narrativi, per altro davvero interessanti (si toccano anche argomenti collegabili alla filosofia New Age, al vivere con poco - il così detto downshifting - a una satira verso le sette di stampo religioso, eccetera) la narrazione però si perde tra salti temporali e il fulcro del racconto viene dilatato in oltre 400 pagine di una lentezza infinita e dal linguaggio che non è più quello solito della Atwood, ma dalla poca eleganza e da un continuo sforzarsi di sembrare “giovane” - una delle due protagoniste è una adolescente - col risultato di essere ridicolo.
Si arriva al finale con una velocità assurda, ma proprio per questa sinteticità nel descrivere le ultime 150 pagine sono le migliori.
Ho saputo in seguito da mia sorella che questo libro è collegato ad un altro precedente della Atwood, “L’ultimo degli uomini” dove la stessa storia è raccontata da un altro punto di vista. Lo leggerò, anche se la bravura di questa scrittrice qui è decisamente sottotono.


6/10



Ho pensato di riprendere a scrivere anche di cinema, non ne parlo dall’anno scorso, scrivevo a intermittenza e quando aggiornavo trovavo più piacere e svago nel parlare di soli libri.
Quindi, ecco che ritornano i veloci (non ho mai avuto il dono della sintesi, vediamo se adesso mi riesce a dire tutto in maniera essenziale) resoconti delle mie visioni cinematografiche: ieri sera sono andata a vedere con Luca “Arrietty” sceneggiato dal grande Hayao Miyazaki. I suoi film, anche quando ci mette solo lo zampino come in questo caso, mi fanno sempre commuovere, sono poetici;





qui con enorme e toccante delicatezza si parla di amicizia tra creature diverse e mi ha molto ricordato uno dei cartoni animati della mia infanzia, “Memole”, e il tema del vedere l’altro uguale anche se diverso. La colonna sonora composta da Cécile Corbel, suonatrice d’arpa, si sposa benissimo con il racconto grazie anche al suo stampo fiabesco dalle sonorità celtiche.

[“Arrietty. Il mondo segreto sotto il pavimento” (2011) di Hiromasa Yonebayashi]


10/10

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